



Chiesa di S. Pietro in Costa
DOSSO DEL LIRO
Pietro in Costa, l’antica chiesa della comunità di Dosso del Liro, è ricordata fin dal 1328, ma la sua fondazione è certamente precedente, come attesta l’abside ancora di impianto romanico. Ricostruita probabilmente nella seconda metà del Quattrocento, presenta in facciata tracce di una decorazione rossa a bugnato, dovuta all’ordine del visitatore apostolico Francesco Bonomi, nel 1578, di dipingere la facciata di rosso e apporvi l’immagine del Santo titolare, di cui risulta una lievissima traccia; è ancora presente il trigramma IHS di san Bernardino sopra l’oculo, tra le iniziali P. e M. E una parvenza di data: 1582.
La chiesa dipese dalla plebana di S. Vincenzo di Gravedona fino al 1558, anno in cui venne emanato il decreto vescovile di smembramento da monsignor Giovan Antonio Volpi, vescovo di Como. Erano stati addotti i seguenti motivi: lontananza dalla collegiata di Gravedona (circa tre miglia), strada disagevole, difficoltà per i moribondi di ricevere i sacramenti e per i bambini il battesimo. Stabiliti gli oneri verso la matrice, nel 1561 venne eletto il primo parroco. Descritta in modo accurato negli atti della visita pastorale del vescovo Ninguarda del 1593, è rimasta pressoché immutata, a parte il degrado operato dal tempo. All’interno mostra il soffitto in larice su tre archi timpano, secondo il modello tipologico ad archi trasversi presente anche nelle chiese di S. Maria delle Grazie a Gravedona, di S. Giacomo vecchia a Livo, di S. Giovanni Battista a Brenzio. Possiede nel presbiterio un importante ciclo di affreschi terminati il 9 dicembre 1532 e voluti dal prete gravedonese Vincenzo Curti, rettore all’epoca della chiesa, certamente ispirati dal committente ed esemplati su un’iconografia ancora di tipo romanico.
Sul fronte dell’arcone d’ingresso sono dipinti, al centro, Dio Padre in una gloria angelica e, sopra i pilastri, l’Angelo annunciante e l’Annunciata, nell’emiciclo I dodici Apostoli, nella fascia superiore con decorazione a grottesche cinque medaglioni con San Vincenzo al centro e, ai suoi lati, i Dottori della Chiesa e nel catino absidale Cristo in gloria tra gli Evangelisti con i loro attributi. Nella fascia inferiore la decorazione è a motivi geometrici mentre è a motivi floreali negli oculi, nelle finestrelle e nel sottarco.
Tra i medaglioni si trovano quattro cartigli, tre soli dei quali ancora leggibili (“…” “MEA” “DOMUS” “ORATIONIS”), allusivi alla preghiera come espressione tipica del tempio.
Secondo gli studiosi, gli affreschi sono caratterizzati da un fare monumentale e da una salda plasticità, derivata in parte dagli affreschi dipinti nel 1512 nella chiesa vecchia di Livo da Sebastiano da Piuro, rivisitati tuttavia alla luce di un esplicito leonardismo che traspare nei profili e atteggiamenti di alcuni apostoli e nel volto dell’Annunciata, mediato attraverso il Luini operante nel duomo di Como e in S. Maria degli Angeli a Lugano. Senza tacere delle influenze derivate dall’eclettico Fermo Stella, che non disdegna recuperi quattrocenteschi.
Per il ciclo del Dosso si è richiamato lo stesso artista autore degli affreschi della Crocifissione e della volta del presbiterio di S. Martino a Montemezzo, in cui si nota “lo stesso gusto monumentale, il buon colorismo, il contenuto patetismo e analoghe tipologie di personaggi”. E qualche studioso si è spinto a fare, per l’ignoto artista, il nome del ticinese Giovanni Antonio De Lagaia, che firma, nel 1519, la tavola con la Madonna della Misericordia in S. Maria della Misericordia ad Ascona. Altri affreschi molto ammalorati ascrivibili, tranne il San Rocco della terza campata di sinistra, alla seconda metà del Cinquecento sono presenti sulle pareti della navata.
Nella prima campata di sinistra, dove c’era il battistero, il Battesimo di Cristo; nella seconda una Madonna col Bambino fra i santi Rocco e Sebastiano dipinta nel 1577 in seguito a un voto fatto due anni prima dagli emigrati a Palermo scampati al pericolo della peste; sul pilastro fra la seconda e la terza campata un altro San Rocco, nella terza campata Santa Chiara e san Giovanni Battista e San Michele Arcangelo e san Bernardo. Nella terza campata della parete di destra rimane una lacunosa Madonna col Bambino, in cui, dietro la Vergine, si riscontrano tracce fogliacee, secondo il modello luinesco di interpretare naturalisticamente il trono su cui Maria è assisa. Nel 1627 il vescovo Archinti durante la visita pastorale, constatata la grande lontananza della chiesa dall’abitato del Dosso, permetteva che si trasportasse la cura al nuovo oratorio in paese iniziato nel 1614 e l’antica chiesa di S. Pietro venne nel tempo abbandonata a favore della nuova parrocchiale della Ss. Annunziata.



